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CONSIDERAZIONI SULL'ADVAITA DELLE UPANISHAD (La Mandukya Upanishad) Br. John Martin Kuvarapu osb (sw Sahajananda) (Sulle acque dell'Oceano Infinito) pag.168. Edizioni Appunti di Viaggio (ISBN-88-87164-30-4) Ci sono due cose importanti che mi ha insegnato la tradizione indiana: una è l'infinita libertà nella ricerca della Verità; l'altra è che dobbiamo cominciare la ricerca chiedendoci: "Chi sono?", senza lasciarci appagare dalle risposte che sono state trovate da altri. La tradizione spirituale indiana non domanda: "Chi è Dio?", o: "Dov'è Dio?", o: "Dio esiste?", ma chiede: "Chi sono io? Qual è il mio vero Sé?". Si può dire che la tendenza fondamentale (non esclusiva) della tradizione spirituale indiana è la ricerca della verità da parte dell'essere umano. I saggi si sono ritirati nella foresta per conoscere il loro vero Sé. Questa indagine dell'essere umano su se stesso ha trovato compimento nell'esperienza spirituale delle Upanishad. Le Upanishad sono chiamate Vedanta. Veda significa "conoscenza", o "verità", anta significa "conclusione". Quindi Vedanta significa "la conclusione della conoscenza", o "la conclusione della verità". L'esperienza delle Upanishad ci trasmette l'esperienza ultima della ricerca della verità da parte dell'essere umano. Questa scoperta è stata una rivoluzione spirituale. Si tratta di un'esperienza molto semplice. Vorrei usare le parole della più breve di tutte le Upanishad la: ............... ............ Mandukya Upanishad "La sillaba OM è l'intero universo". Questa è la spiegazione: il passato, il presente, il futuro, tutto è la sillaba OM. E anche ciò che è al di là del tempo è la sillaba OM. Tutto è Brahman; l'Atman è il Brahman. Questo Atman ha quattro livelli di coscienza. Il primo livello di coscienza è chiamato coscienza di veglia; il secondo coscienza di sogno; il terzo coscienza di sonno profondo; il quarto è chiamato lo stato risvegliato, lo stato di Atman, che è invisibile, impercettibile, innominabile, impensabile, indescrivibile, innegabile, serenità e benevolenza, non-dualità assoluta (Advaita); questo è l'Atman, questo Atman bisogna conoscere". Il linguaggio delle Upanishad è un linguaggio simbolico, poetico. Bisogna decifrarlo se se ne vuole scoprire il messaggio. Il linguaggio simbolico non usa la definizione, ma la descrizione. La definizione è come una tomba. Definire la Verità significa ucciderla e metterla in una tomba, e solo i corpi morti possono essere messi in una tomba. La descrizione, invece, è come un nido senza porte, che protegge dall'immensità del cielo, ma contemporaneamente addita al cielo come destino ultimo e non trattiene nel nido fino alla morte. La sillaba OM è Dio nei suoi due aspetti: l'aspetto immanente, la manifestazione, ovvero l'intera creazione, e l'aspetto trascendente, che è al di là dello spazio e del tempo. La tradizione ebraico - cristiana sostiene che Dio ha creato l'universo dal nulla, ma questa affermazione non spiega la relazione che intercorre tra il trascendente e l'immanente. Può risolvere le domande sull'origine della creazione, ma non è una teoria liberante; al contrario, è una teoria oppressiva, perché crea un abisso tra Dio e l'umanità. In questo modo l'umanità e le creature rimangono sempre esterne a Dio, senza la possibilità di unirsi a Lui in un'esperienza non dualistica. Gli esseri umani possono arrivare al massimo ad avere una visione beatifica di Dio o ad unirsi con Lui, ma rimangono sempre esterni a Dio. La teoria della creazione si limita a mostrare il misterioso atto di Dio nei confronti della creazione e l'incapacità da parte della mente umana a comprendere questo atto. È una teoria che la mente umana ha proiettato su Dio, ma in realtà la mente umana non sa cosa significa che Dio ha creato l'universo dal nulla. La sillaba OM viene identificata col Brahman. Il Brahman è Dio nella sua qualità di fondamento dell'universo; l'universo è la sua manifestazione. Il Brahman viene anche identificato con l'Atman. L'Atman è il fondamento della coscienza umana a livello micocosmico, così come il Brahman è il fondamento dell'universo a livello macrocosmico. Ma, in definitiva, il Brahman è l'Atman e l'Atman è il Brahman. Sono la stessa cosa. Quindi l'OM (il Verbo Eterno), il Brahman (il fondamento dell'universo), e l'Atman (il fondamento della coscienza umana), sono identici. Quando un cristiano legge il brano citato della Mandukya Upanishad, ripensa immediatamente al Prologo di Giovanni: "In principio era il Verbo (OM). Il Verbo era presso Dio (Essere presso di Dio significa essere fuori da Dio, essere separato da Dio. È uno stato di differenziazione). E il Verbo era Dio (identificato con Dio)". Il Verbo era identico a Dio e contemporaneamente era diverso da Dio. La non-dualità (Advaita) e la dualità (Dvaita) sono la natura della Realtà. La non-dualità appartiene allo stato ontologico della Realtà, mentre la dualità appartiene allo stato funzionale, o manifesto, della Realtà. Questo è il mistero della relazione tra Dio e la creazione: sono allo stesso tempo identici e differenti. Per quanto riguarda la nostra domanda: "Chi è l'essere umano?", la tradizione upanishadica formula la domanda in questo modo: Chi è il mio io reale in cui posso trovare riposo? La risposta è chiara e diretta. Il mio io reale è Dio, il Brahman, l'Atman, l'OM, lo stato di "risvegliato" di cui parla la Mandukya Upanishad. Questa esperienza è stata trasmessa con la famosa sentenza: Aham Brahmasmi, "io sono il Brahman", io sono Dio. Questa espressione può apparire come un'affermazione orgogliosa e presuntuosa, ma per i saggi delle Upanishad è un'affermazione di grande umiltà: vuoi dire, infatti, che bisogna morire dentro di sé a tutto ciò che non è Dio, così da far rimanere, alla fine, solo Dio. Identificarsi con il proprio ego è creare una realtà fuori da Dio e quindi creare una dualità. Per trovare il nostro vero Sé, cioè Dio, dobbiamo rinunciare al nostro sé irreale. Ma per realizzare il nostro vero Sé dobbiamo attraversare vari livelli di esperienza. La Mandukya Upanishad parla di quattro livelli di esperienza. Il primo è la "coscienza di veglia", in cui ci identifichiamo con il nostro nome e la nostra forma, con il nostro corpo e viviamo cercando di soddisfare i desideri fisici, i desideri individuali e i progetti personali legati alla realtà esterna. La coscienza di veglia si appoggia al passato. Il secondo livello di coscienza viene chiamato "coscienza di sogno". Non si tratta del sogno fisico che facciamo durante il sonno: il sogno qui equivale agli ideali o a un modello di vita a cui dedichiamo la nostra vita. Questo ideale può essere un ideale materiale (come il comunismo), un ideale politico, un ideale scientifico, un ideale filosofico, un ideale teologico, un ideale religioso, o una persona. Questo stato viene definito "luminoso", perché in questo stato siamo attratti da un ideale o da una persona carismatici. Quasi tutti abbiamo qualche ideale o qualche modello nella nostra vita. Ma da dove prendiamo questi ideali, o sogni? Naturalmente dal passato, dalla memoria, da un ideale che qualcuno ci ha lasciato, o da una persona che ha ispirato altri nel passato e che noi proiettiamo nel futuro. Quindi, mentre nella coscienza di veglia siamo condizionati dalla nostra memoria personale e dai nostri ideali individuali, nella coscienza di sogno siamo condizionati dalla memoria collettiva. Il terzo livello di coscienza è chiamato "coscienza dì sonno profondo". Anche qui la coscienza di sonno profondo non è da intendersi in senso fisico, ma psicologico e spirituale. A questo livello comprendiamo che la nostra vita è condizionata dalla memoria personale e collettiva, e che non stiamo vivendo la nostra vita, ma stiamo cercando di riprodurre la memoria lasciata da qualcun'altro nel passato. Allora fermiamo questo movimento dei sogni ed entriamo nella coscienza di sonno profondo. In questo livello non ci sono sogni, né ideali, né visioni, né movimenti della memoria: c'è solo un profondo silenzio, c'è soltanto il presente. In questo livello la coscienza umana diventa uno specchio puro, in cui il Brahman, l'Atman, l'OM, il Verbo Eterno, si riflettono in tutto il loro splendore. Da questa esperienza la coscienza umana può scoprire che il suo vero fondamento è il Brahman, o l'Atman, e dichiara gioiosamente : "Io sono il Brahman, io sono l'Atman, io sono l'OM", oppure "il mio vero ìo è il Brahman, l'Atman, l'OM". Questa realizzazione viene definita "Samdhya", che significa "risveglio": a questo punto le tenebre scompaiono e sorge il sole. É il momento in cui rinunciamo al Dio del passato e al Dio della memoria, e per la prima volta nella nostra vita incontriamo faccia a faccia il Dio dell'eternità. |